Abbiamo il grande piacere di poter rivolgere qualche domanda al cantautore di origine romana Danilo Di Florio. E’ da poco uscito in rotazione radiofonica il suo nuovo singolo “il migliore dei mondi possibili” estratto dall’album omonimo. Una canzone dal sound pop/rock che al primo ascolto emana leggerezza ma, il cui titolo, già dovrebbe mettere in guardia, poiché rimanda ad una teoria formulata dal filosofo tedesco Leibniz (1646-1716).
Il video ufficiale del singolo, ci svela con una breve introduzione che dietro quel velo leggero, tessuto da un ritornello che coinvolge subito, si cela uno strato ben più profondo che intreccia i fili di questo brano. Nei primi secondi del videoclip infatti, viene citato un passo dal Candido (1759), un racconto filosofico di Voltaire, che con acuta ironia, mira a confutare la dottrina ottimistica di Leibniz , la quale viene banalizzata dal precettore di Candido, Pangloss , con queste parole:
“Insegnava la metafisico-teologo-cosmologo-scempiologia. Egli dimostrava mirabilmente che non c’è effetto senza causa, e che in questo migliore dei mondi possibili… è provato, diceva, che le cose non potrebbero andare altrimenti: essendo tutto quanto creato in vista di un fine, tutto è necessariamente inteso al fine migliore”
Ecco allora che si presenta una buona occasione per chiedere direttamente all’autore del testo, di gettare più luce su un argomento così interessante…
Ciao Danilo, “il migliore dei mondi possibili” è un titolo molto impegnativo visto la storia che ha alle spalle e apre molti interrogativi: Qual è la giusta chiave interpretativa? Si tratta forse di una risposta dei nostri giorni alla Teodicea di Leibniz con l’ironia sarcastica di Voltaire?
Proprio così, la vita non è necessariamente un dogma da accettare…. ma altre vite, altri mondi, non ne abbiamo a disposizione, sono dunque fermamente convinto che questo sia il migliore dei mondi possibili, con le sue contraddizioni, ma anche con le sue bellezze … e alla fine come dico nel ritornello il migliore dei mondi possibili siamo noi, abbiamo noi….
Attraverso la musica si può arrivare alla gente in maniera diretta e, come in questo caso, affrontare tematiche, che fanno riflettere… Strofa e ritornello sembrano far emergere le contraddizioni della nostra società e del nostro modo di vivere…E’ perché siamo figli di un illuminismo che ci ingabbia nella ragione, facendoci scomparire l’orizzonte della felicità fino a renderla solo un’utopia irraggiungibile? O siamo nel giusto a deridere una visione ottimistica e finalista?
Io ho sempre trattato ogni fatto della vita e me stesso con la giusta dose di ironia, talvolta eccedendo anche, ma ritengo che l’ironia sia un plusvalore, sia un modo positivo di guardare spesso una parte amara della realtà…senza alcuna derisione, senza scoraggiamenti…
I titoli dell’album sono molto suggestivi …qual è l’ispirazione da cui sei partito per la stesura dei tuoi brani?
Quest’album è stato scritto di getto, come spesso accade nei miei brani, spesso ho come una sorta di scintilla, si palesa davanti a me un’idea, un’immagine, nei luoghi comuni della quotidianità, talvolta ripropongo in versi una storia o più storia dentro la stessa storia, sempre accompagnato dalla mia chitarra o dal pianoforte…ho sempre con me il cellulare dove appunto alcune note di ideee e registro, se sto in viaggio, già qualche verso…i viaggi brevi o lunghi che siano mi aiutano molto in questo.
Quali sono le sensazioni che provi nel sapere che il tuo singolo è in rotazione su oltre 200 radio nazionali?
Fantastiche…uniche…di piacere…. soprattutto nell’immaginare che qualcuno, anzi più di qualcuno, stia ascoltando e, sinceramente non penso al giudizio o all’opinione altrui, positivi o negativi che essi siano, sono comunque indice di un ascolto, e non possono che migliorarmi
“Il migliore dei mondi possibili” ha un sound molto particolare, quali sono principalmente le figure di riferimento, che hanno contribuito alla tua identità musicale?
I miei punti di riferimenti li vorrei esplicare come una sorta di piramide, dove l’ordine con cui li vado a situare non deve riportare necessariamente alla qualità del loro operato, piuttosto ad un mio modo di aver vissuto la musica sin dalla prima adolescenza… ho sempre immaginato all’apice Guccini e De Andrè, i due grandi maestri della testualità, in parallelo ho poi dato un profondo valore a Le Orme ( dove il rock prog si è incastrato con la poesia e spesso con la commozione più intensa) poi coloro che hanno lavorato allo sviluppo della musica leggera, Dalla, Carboni, Venditti, De Gregori, Stadio, Vasco Rossi e infine ai giorni con Gazzè, Silvestri, Fabi, Bersani….oggi sto notando anche un certo risveglio da questa banalità musicale (portata avanti dai talents, dove arte, spontaneità e capacità scritturale sono state messe da parte per far posto alla sola enfasi mediatica) dunque chi più mi sta colpendo e aiutando a confrontarmi in questo momento storico di forte cambiamento sono Motta, Calcutta, Brunori…gente che scrive…bravi….
Alice Bellin