L’INTERVISTA ALLEX VOCE DEI TOTO JEAN MICHEL BYRON

Venerdi 31 agosto,

Grizzana Morandi, Bologna

Dopo una magica serata organizzata dall’associazione culturale HAPPY HEADS EVENTI i cui fondatori Gedrizz (Goldfried Salvi) e Dj Greenthumb (Stefano Betti), hanno partecipato in prima persona, attraverso il loro contributo musicale, mi ritrovo faccia a faccia con l’ospite d’onore nonché protagonista Jean Michel Byorn. Il cantante che ha militato nella storica band nata alla fine degli anni ’70, piazzando una serie infinita di hit in classifica nel corso degli anni ’80 e oltre, ha avuto la cortese disponibilità di rispondere accuratamente ad alcune domande che mi sono permesse di formulargli. Dopo un’intensa esibizione, che ha prolungato la serata oltre la mezzanotte, Jean Michel Byron aveva infatti assorbito, come lui stesso ha rivelato, un notevole accumulo di energia che il pubblico gli aveva trasmesso e si è dimostrato più che soddisfatto di come si è svolto l’evento musicale che lo ha visto protagonista.

Benvenuto, Lei è un artista di fama mondiale, vive infatti in una città come Los Angeles, che per un artista internazionale è il massimo a cui si possa aspirare, tuttavia ha avuto diverse occasione per suonare in Italia…vige quindi in lei un particolare legame con questo paese?

E’ naturale che un paese come l’Italia non si possa non amare…inoltre ogni città, ogni posto, ha le sue caratteristiche, e ogni luogo il suo pubblico. Per questo, ogni volta che propongo un brano, anche se si tratta di una canzone che ho interpretato varie volte, questa sembra essere sempre nuova: è il pubblico stesso che mi da modo di interpretare un brano in maniera sempre diversa., inoltre non mi pongo limiti di nessun tipo, lasciandomi trasportare da ciò che il pubblico stesso mi trasmette, dalle emozioni che mi colgono e che poi io, in uno scambio vicendevole, riverso di nuovo in esso, arricchendo uno scambio che diventa unico. Una canzone quindi, la posso cantare ogni sera, ma ogni volta sarà una canzone diversa, scaturita da ciò che il pubblico stesso vive e percepisce.

Quindi è quasi come ci fosse un viaggio emozionale, il quale però non è unidirezionale e dove il pubblico stesso e ogni suo componente, fa la differenza?

Esattamente… quante emozioni infatti si susseguono ..non solo da parte di chi canta, di chi è su quel palco, ma dal pubblico stesso per l’appunto; uno scambio di energia che io assorbo e che trasmetto poi a chi sta sotto a quel palco e la differenza, appunto, non la fa solo la tecnica, i membri di una band, ma il pubblico stesso: sono emozioni, sensazioni che vanno poi a comporre la struttura del brano cantato live.

Tali sensazioni sembrano inoltre trasmettersi non soltanto nel momento della durata del brano…Avvertiamo quasi che alcuni sentimenti possano sedimentarsi nell’anima di chi ascolta, di chi vuole in un cero senso aprire se stesso alle emozioni che un’interpretazione suscita in lui…

E’ proprio così…la carica che mi trasmette quando avverto tutto questo, è impareggiabile e la musica ha in sé questo potere…Il potere di farci schiantare contro noi stessi, di commuoverci. Si tratta credo di qualcosa di incontrollabile, come la mia interpretazione che fuoriesce senza alcun vincolo, attraverso la mia voce.

Tuttavia troppo spesso la frenesia della vita quotidiana, questa corsa continua ci fa inevitabilmente cadere in una sorta di aridità, di incapacità di cogliere anche certe emozioni…

Si ..purtroppo è così, siamo ahimè molto distratti , oberati di impegni, cosa che ci impedisce di liberare la mente, di soffermarsi sui sentimenti. Ma credo anche che il compito della musica, e di chi fa musica, sia di cercare di rimediare a tutto questo, dando spazio ai sentimenti e tempo per commuoversi, di ridere, ma anche perché no, di piangere…

Hai interpretato due brani Simbolo dei TOTO – “Africa” e “Rosanna”– ma anche diversi brani che sono autentici pezzi di storia della musica, come il brano con cui hai aperto “Ain’t No Sunshine”: da cosa deriva tale esigenza di non soffermarti soltanto sulle canzoni della band di cui hai fatto parte, ma di approfondire il discorso musicale, confrontandoti con altri artisti…?

Perché oltre che musicista, oltre a fare musica, io sono prima di tutto un fan, un fan della musica e dei grandi personaggi che l’hanno arricchita ed evoluta nel tempo…ho voluto omaggiare degli artisti che ho apprezzato fin da quando ho cominciato ad ascoltare musica. Valorizzare la musica e chi ne ha fatto la storia con canzoni così importanti, è un modo per far rivivere ciò che è parte anche di noi…questi artisti non solo sono stati e rimangono dei grandi, ma sono un riferimento continuo per me e per tutti i musicisti.

C’ dunque, tra le varie interpretazioni a cui hai dato voce venerdì sera, un motivo in particolare che ti ha spinto a scegliere certi artisti e certe canzoni in particolare …? Ad esempio, perché Bob Dylan e perché un suo brano del 1973, “knockin on Haven Doors”?

Perché come pochi, Dylan è stato, e continua ad essere un maestro, pochi come lui hanno influenzato così tanti artisti e così tanti generi Questa canzone rappresenta forse uno dei suoi pezzi migliori, che permette un’interpretazione molto personale, un brano che ha fatto la storia della musica, un brano in cui chiunque può riconoscersi, perchè le parole che vengono pronunciate sono profonde e ricche di partecipazione.

A tal proposito, Bob Dylan è stato forse uno dei primi che ha posto un’ attenzione particolare ai testi e non solo alla musica e agli arrangiamenti, alle parole che spesso oggi vengono tralasciate o abusate…

Si, infatti per questo ho deciso di non tralasciare di riportare il testo delle canzoni che da qui a pochi mesi farò uscire. Ho deciso di puntare anche su questo, sui testi, dando la dovuta attenzione, non solo alla tecnica ma anche al testo, il quale il più delle volte risulta troppo impegnativo da capire per la gente che ascolta, in quanto non c’è più nemmeno il tempo per ascoltare, il tempo per dedicarsi a capire, quando invece è proprio nelle parole, è tra di esse che esiste il nostro modo di pensare.

Sonia Bellin

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